Risultati della ricerca

Keyword: ‘ozono’

Relazione tra i raggi cosmici, l’ozono e la temperatura della stratosfera

10 aprile 2009 11 commenti

La stratosfera è il secondo strato, dopo la troposfera, in cui è stata suddivisa l’atmosfera terrestre. Si estende da un’altezza di 12 km, 8 ai poli e 20 all’equatore, fino a 50 km. Nel seguente articolo vi riporto due importanti studi: uno sui raggi cosmici e la misura della temperatura della stratosfera e un altro sull’influenza di essi sull’ozono stratosferico.
 
Una nuova tecnica per misurare la temperatura della stratosfera
In un recente articolo, alcuni scienziati inglesi hanno analizzato i dati degli ultimi quattro anni di misurazioni dei raggi cosmici (CR) registrati da un rilevatore sotterraneo di particelle situato in una ex-miniera di ferro nello stato del Minnesota. Costoro hanno dimostrato che esiste una stretta correlazione tra il numero dei raggi conteggiati e la temperatura della stratosfera e l’hanno utilizzata per identificare eventi meteorologici durante la stagione invernale. Il rilevatore conteggia i muoni, particelle prodotte in seguito all’interazioni dei raggi cosmici con l’alta atmosfera (vedi immagine, in giallo i muoni conteggiati). In particolare, quanto la temperatura della stratosfera aumenta, l’aria si espande, lasciando più spazio alle particelle prodotte dai raggi cosmici di raggiungere la superficie della Terra (aumenta il numero dei muoni). Quando la temperatura diminuisce avviene il contrario (diminuisce il numero dei muoni).

article07_image04fonte: http://www.symmetrymagazine.org/images/200903/article07_image04.jpg

La parte che ha sorpreso di più gli scienziati è stata l’osservazione di improvvisi e repentini cambiamenti nei livelli di raggi cosmici durante i mesi invernali, che sono coincisi con i fenomeni di stratwarming. Agli appassionati di meteorologia non è passato inosservato questo fenomeno, ovvero un improvviso e intenso riscaldamento (fino a 40 gradi in alcuni luoghi) della stratosfera, nella regione artica del globo, avvenuto nel mese di gennaio (vedi immagine sotto).

time_pres_hgt_anom_all_nh_20091

fonte:http://www.cpc.noaa.gov/products/stratosphere/strat-trop/gif_files/time_pres_HGT_ANOM_ALL_NH_2009.gif

Il passo successivo sarà quello di analizzare le registrazioni sui raggi cosmici degli ultimi 50 anni effettuate in varie parti del globo per comprendere meglio la variazioni di temperatura della stratosfera. La tecnica è utile e più immediata rispetto all’uso di satelliti o peggio ancora rispetto ai palloni sonda.

I raggi cosmici e l’ozono stratosferico
Tutti voi ricordate il problema del buco dell’ozono in Antartide, bene, sembra che le cose stiano messe diversamente, almeno secondo lo scienziato Q. L. Lu del dipartimento di fisica e astronomia all’Università canadese di Waterloo. Per due decenni è stata accettata la teoria secondo la quale sono i cloro-fluoro-carburi (CFC) i principali distruttori della fascia di ozono nella stratosfera.

o3crfonte: http://icecap.us/images/uploads/O3CR.JPG

L’analisi dei dati satellitari nel periodo compreso tra il 1980 e il 2007, che copre due cicli di 11 anni dei raggi cosmici (CR), mostra chiaramente la correlazione tra i CR e la riduzione della fascia di ozono (vedi immagine sopra). Questo risultato, combinato con le misurazioni fatte già in laboratorio, prova il ruolo fondamentale dei CR nelle reazioni di distruzione dell’ozono e risolve la discrepanza tra i modelli fotochimici utilizzati e la riduzione osservata. Le più recenti valutazioni scientifiche che utilizzano tali modelli prevedono un incremento di ozono del 2,5% tra il 2000 e il 2020 sul totale e un aumento dal 5 al 10% sull’Antartide. Secondo Lu ci dobbiamo aspettare, invece, una pesante perdita della concentrazione dell’ozono stratosferico nel 2008-2009, specialmente – aggiungo io – se questo minimo solare continuerà in questo modo. Il buco di ozono si trova, come sapete, in corrispondenza della stratosfera antartica ma guarda caso la ionizzazione dei CR è massi ma proprio nelle regioni polari.
Possiamo trovare una connessione tra l’attività solare, i raggi cosmici, la concentrazione di ozono e la variazione di temperatura nella stratosfera. Tutti sappiamo che l’ozono assorbe la radiazione ultravioletta e ciò determina un aumento della temperatura della stratosfera. Secondo Lu questo non è l’unico meccanismo di distruzione di ozono, ma al processo si aggiungerebbero anche i CR, portando ad un ulteriore incremento della temperatura della stratosfera. Ecco il possibile legame
Maggiore attività solare → meno CR → più ozono → incremento temperatura stratosferica
Minore attività solare → più CR → meno ozono → diminuzione temperatura stratosferica
Rimarrebbe da spiegare la diminuzione di temperatura della stratosfera avvenuta negli ultimi decenni in presenza di una forte attività solare (CFC, forse?). Il discorso che ho fatto è puramente qualitativo e non tiene conto né della dinamica della stratosfera, nè degli scambi termici con la troposfera. Sarà interessante vedere nei prossimi anni se Lu  avrà ragione oppure no.

Fonti:
http://wattsupwiththat.com/2009/01/22/correlation-demonstrated-bewteen-cosmic-rays-and-temperature-of-the-stratosphere/
http://wattsupwiththat.com/2009/03/26/galactic-cosmic-rays-may-be-responsible-for-the-antarctic-ozone-hole/#more-6560
http://www.exchangemagazine.com/morningpost/2008/week38/Thursday/091811.html

http://www.symmetrymagazine.org/cms/?pid=1000688

ANGELO

Cosa c’ è di sbagliato nel Sole? Influenze sul clima (2ª parte)

23 giugno 2010 34 commenti

Mike Lockwood presso l’Università di Reading, Regno Unito, potrebbe già aver individuato una risposta – “l’inverno insolitamente freddo europeo del 2009/10”. Ha studiato un registro di dati che risalgono al 1650 , e ha rilevato che freddi inverni europei sono molto più probabili durante i periodi di bassa attività solare (New Scientist, 17 aprile, p 6) . Questo si inserisce in un quadro emergente di attività solare dando luogo a un piccolo cambiamento del clima globale complessivo, ma con grandi effetti a livello regionale.

Un altro esempio è il minimo di Maunder, il periodo 1645-1715 durante il quale le macchie solari praticamente scomparvero e l’attività solare crollò. Se una simile di inattività solare sta per iniziare con questo ciclo 24 e proseguire fino al 2100, potrebbe mitigare qualsiasi aumento di temperatura da riscaldamento globale di 0,3 ° C in media , secondo i calcoli da Georg Feulner e Stefan Rahmstorf del Potsdam Institute for Climate Impact Research in Germania. Tuttavia, qualcosa amplificò l’impatto dei minimo di Maunder nel nord Europa, inaugurando un periodo noto come Piccola Età Glaciale, quando gli inverni furono mediamente più freddi e la temperatura media in Europa cadde tra l1 e 2 ° C.

Un impulso corrispondente sembra essere associato con picchi in uscita solare. Nel 2008, Judith Lean del Naval Research Laboratory di Washington DC ha pubblicato uno studio che mostra che l’alta attività solare causa uno sproporzionato riscaldamento sul nord Europa ( Geophysical Research Letters, vol 35, p L18701 ).

Allora perché l’attività solare hanno questi effetti? I modellisti possono già essere sulla strada per dare una risposta. Dal 2003, gli strumenti spaziali misurano l’intensità della irradiazione del sole a varie lunghezze d’onda e alla ricerca di correlazioni con l’attività solare. I risultati indicano che la emissione nel sole della luce ultravioletta è molto variabile molto, molto di più di quanto ci aspettavamo, dice Lockwood.

La luce ultravioletta è fortemente legata all’attività solare: i brillamenti solari sono nell’ultravioletto, e aiutano a portare l’energia esplosiva dei flare lontano nello spazio. Questo potrebbe essere particolarmente significativo per il clima della Terra dato che la luce ultravioletta viene assorbita dallo strato di ozono nella stratosfera.

Più luce ultravioletta raggiunge la stratosfera e più di ozono si forma. E più di ozono nella stratosfera fa assorbire più luce ultravioletta. Così in tempi di accresciuta attività solare, la stratosfera si riscalda e questo influenza i venti in quello strato. “L’ingresso di calore nella stratosfera è molto più variabile di quanto pensassimo”, dice Lockwood.

Concludendo, il riscaldamento della stratosfera potrebbe essere l’effetto accentuato sentito in Europa delle variazioni di attività solare. Già nel 1996, Haigh ha mostrato che la temperatura della stratosfera influenza il passaggio della corrente a getto, il vento d’alta quota che passa da ovest a est per tutta Europa.

Lockwood nel suo più recente studio mostra che quando l’attività solare è bassa, la corrente a getto si rompe in giganteschi meandri che bloccano i caldi venti occidentali che non raggiungono l’Europa, permettendo ai venti artici dalla Siberia di dominare il meteo dell’Europa.

La lezione per la ricerca sul clima è evidente. “Ci sono così tante stazioni meteo in Europa che, se non stiamo attenti, questi effetti solari potrebbero influenzare la nostra media globale”, afferma Lockwood.In altre parole, la nostra comprensione dei cambiamenti climatici globali potrebbero essere falsati se non si tiene conto degli effetti del Sole sul clima europeo.

Proprio quando un mistero comincia a schiarirsi, un altro mistero arriva. Dal suo lancio di 15 anni fa, la sonda SOHO ha guardato due minimi solari, un ciclo solare, e parti di altri due cicli – quello che si è concluso nel 1996 e quello che c’ è adesso. Per tutto quel tempo il suo strumento VIRGO ha misuratol’irradianza solare totale (TSI), cioé l’energia emessa dal sole. Le sue misurazioni possono essere unite insieme con i risultati di precedenti missioni per fornire cosí un registro di 30 anni di produzione di energia del sole. Ciò dimostra che, durante l’ultimo minimo solare, la produzione di sole è stata dello 0,015 per cento inferiore a quella durante il minimo precedente. Potrebbe non sembrare molto, ma è un enorme risultato significativo.

Eravamo soliti pensare che la produzione di sole era incrollabile. Questa tesi ha cominciato a cambiare dopo il lancio nel 1980 della NASA del satellite Solar Maximum Mission. Le sue osservazioni mostrano che la quantità di energia che il sole emette varia di circa il 0,1% su un periodo di giorni o settimane nel corso di un ciclo solare.

Restringimento della stella

Nonostante questa variazione, la STI ha avuta lo stesso livello durante i 3 minimi precedenti mentre così non é successo nel corso di questo minimo allungato. Nonostante il calo osservato sia piccolo, il fatto che è successo è senza precedenti. “Questa è la prima volta che abbiamo misurato una tendenza a lungo termine nella irraianza solare totale”, spiega Claus Fröhlich del World Radiation Centre di Davos, in Svizzera, principale investigatore dello strumento VIRGO.

Se l’output dell’energia solare sta cambiando, allora la sua temperatura deve essere troppo fluttuante. Mentre i brillamenti solari riscaldano il gas in superficie, i cambiamenti nel nucleo del sole avrebbero un influsso più importante della temperatura, anche se i calcoli dimostrano che possono passare centinaia di migliaia di anni per vedere gli effetti nella superficie del Sole. Qualunque sia il meccanismo, la minore energia fa “gonfiare” il sole.
Già nel 17 ° secolo l´astronomo francese Jean Picard ha misurato il diametro del sole. Le sue osservazioni sono state effettuate durante il minimo di Maunder, ed ha ottenuto un risultato che mostra come il diametro del Sole fosse stato piú grande del diametro attuale. È stato semplicemente un errore da parte di Picard, o potrebbero realmente che il Sole si sia ridotto da allora? “Ci sono state un sacco di discussioni animate, e il problema non è ancora risolto”, afferma Gérard Thuillier di Pierre e Marie Curie di Parigi, in Francia.
Osservazioni con telescopi terrestri non sono sufficientemente precisi per risolvere la questione, per l’effetto distorsivo dell´atmosfera terrestre. Così l’agenzia spaziale francese ha progettato una missione, giustamente intitolata Picard , per prendere lemisure precise del diametro del sole e cercare le sue modifiche.
Il lancio del satellite ancora non é avvenuto a causa del disaccordo politico tra Russia e Kazakhstan. Fino a quando la controversia non è risolta, il veicolo spaziale deve attendere. Ogni giorno di ritardo significa perdere dati importanti.

Molti astronomi pensano che il ciclo solare procederà, ma a livelli significativamente minori rispetto alla attività vista nel 19° secolo. Tuttavia, vi è anche la prova che il sole sta inesorabilmente perdendo la sua capacità di produrre macchie solari. Entro il 2015, potrebbero sparire del tutto, al che ci si tuffa in un nuovo minimo di Maunder e forse in una nuova Little Ice Age.

È fondamentale comprendere la mutevolezza del sole e il modo in cui influenza i vari modelli regionali di clima sulla Terra. Gli scienziati del clima saranno quindi in grado di correggere i loro modelli, non solo per interpretare le misurazioni moderne, ma anche quando si cerca di ricostruire il clima che risale a secoli. È solo in questo modo che si può raggiungere un consenso inattaccabile e vero su quanto il Sole influenza a Terra e il suo clima.

La previsione delle macchie solari

Anche se le macchie solari stannopian piano tornando dopo il minimo solare prolungato, i segni sono che non tutto va bene. Per decenni, William Livingston di National Solar Observatory di Tucson, in Arizona, ha misurato la forza dei campi magnetici della superficie del sole. L’anno scorso, lui e la collega di Matt Penn hanno sottolineato che la forza media dei campi magnetici delle macchie solari è diminuita drammaticamente dal 1995.

Se la tendenza continua, in soli cinque anni il campo magnetico non sará piú in grado di formare macchie solari.

Come è probabile che questo accada? Mike Lockwood presso l’Università di Reading, Regno Unito, ha guardato i dati storici cercando simili periodi di inattività solare in determinati isotopi nelle carote di ghiaccio e negli anelli degli alberi. Ha trovato 24 casi simile all´attuale nelle ultime migliaia di anni. In due di queste occasioni, le macchie solari erano del tutto scomparsa da decenni. Lockwood mette la possibilità che ciò accada di nuovo a soli 8%.

Nello studio si vede come per la maggior parte dei casi il sole ha continuato a produrre macchie anche se a livelli significativamente più depressi. Sembra che il filone d’oro delle macchie solari del secolo scorso è finito.

SAND-RIO

Climatologia solare: Come il Sole influisce sulla Terra

2 giugno 2010 37 commenti

Nel 1974 uscí un film dell´horror “The Texas Chainsaw Massacre” che inizia con le immagini di un brillamento solare che causerá negli uomini violenza e caos. Mentre non ci sono evidenze di un effettivo aumento della violenza umana causate da un aumento della attivitá solare, due tipi di fenomeni solari possono però influenzare la Terra in modo drastico: eruzioni solari ed espulsioni di massa coronale (CME). Gli scienziati pensano che entrambi siano causati da cambiamenti del campo magnetico del Sole.
Lo scorso mese di aprile ci sono state alcune tempeste magnetiche e il satellite Galaxy 15 ne é stato colpito in maniera tale che le trasmissioni tra satellite e Terra sono diventate impossibili e il payload é rimasto acceso. Dopo migliaia di tentativi di ristabilire i contatti e spegnere il payload, gli scienziati hanno ammesso la loro sconfitta e il Galaxy 15 é diventato un satellite zombie.
Il Galaxy 15 è o meglio, era, un satellite di proprietá della SES World Skies che trasmetteva per le televisioni degli USA.
Quando ci sono dei brillamenti solari é il campo magnetico che provoca una esplosione nell´atmosfera solare.
Questa esplosione accelera le particelle subatomiche fino ad una velocitá prossima a quella della luce, producendo una vasta gamma di radiazioni elettromagnetiche.
Le espulsioni di massa coronale implicano la effettiva espulsione di “materia” dalla corona del Sole. Miliardi di tonnellate di gas elettrificati vengono espulsi e sparati via nello spazio a velocitá incredibile.
“Questi sono i due tipi di meteorologia spaziale che hanno un effetto diretto sulla Terra”, spiega l’astrofisico della NASA solare C. Alex Young.
Per capire come incide la meteorologia spaziale bisogna capire come il Sole influenza l´atmosfera terrestre.
“Poiché siamo su una sfera, il sole riscalda piú le regioni equatoriali che i poli,” spiega il Dott. Jeff Masters di Weather Underground “, così la Terra deve sviluppare delle circolazioni per distribuire il calore. La Terra cerca di bilanciare questa distribuzione non uniforme del calore.”
Mentre il sole non può che riscaldare una parte del globo in un dato momento, la rotazione della Terra provoca un modello di venti ovest-est. Il meteo nel suo complesso si riduce alla circolazione globale di aria calda e fredda. Un aumento dell´attivitá solare può comportare un aumento dell´energia che raggiunge l´atmosfera terrestre. Siamo in grado di anticipare questi cambiamenti analizzando le macchie solari, che seguono un ciclo di 11 anni. Un aumento delle macchie solari indica un aumento dell´attivitá solare.

“Tra il picco del ciclo delle macchie solari di 11 anni e il minimo, si ottiene un cambiamento nella radiazione solare di circa il 0,1 per cento,” dice Masters, “ed proprio questo 0,1 per cento che è sufficiente a modificare la temperatura globale della superficie di 0,1 gradi Celsius che sembra non essere molto, ma invece è notevole”.
Il sole ha il suo maggiore impatto sulla bassa stratosfera della Terra, dove c´è lo strato di ozono. Qui, nell’atmosfera si verifica un cambiamento di temperatura dello 0,4% a causa dell’impatto della luce ultravioletta proveniente dal sole.
“Quando si riscalda la bassa stratosfera si riscaldano anche gli strati superiori della troposfera, dice Masters. “La parte superiore della troposfera è importante perché controlla la stabilità dell’atmosfera. Se hai una temperatura di superficie molto calda e una temperatura molto fredda sopra la troposfera, questa è un situazione instabile. Essa tende a portare a correnti ascensionali forti con più forti tempeste e uragani più forti”.
Masters spiega che quando il ciclo delle macchie solari di 11 anni è al suo apice, c’è una riduzione del movimento verso l´alto che produce una riduzione della forza degli uragani. Per gli Stati Uniti, questo significa una riduzione delle probabilitá che un uragano colpisca la terraferma americana. Quando il ciclo è al minimo, però, questa possibilità sale al 64%, secondo uno studio nel 2010 della Florida State University.
Secondo alcune stime, le probabilità che gli Stati Uniti abbia tre o più uragani sono il 50 per cento meno probabile quando il ciclo é al massimo. In questo momento peró il Sole é in una prolungata fase di minimo e se la teoria é giusta allora gli americani hanno una maggiore probabilitá di vedere un aumento degli uragani, dice Masters. (mia nota: il 2009 peró in periodo di profondo minimo solare si é verificato, al contrario di quanto teorizzato, una notevolissima riduzione degli uragani).??
Oltre a incidere sulla intensitá delle tempeste i brillamenti solari e le CME possono provocare disastri su una Terra sempre piú tecnologica.
“Quando una CME è diretta verso la Terra, può sbattere nello scudo protettivo del pianeta, chiamata magnetosfera”, spiega Young. “Questa è essenzialmente una bolla magnetica che si risiede attorno alla Terra e aiuta a proteggerci dalle particelle cariche. A volte il materiale colpisce lo scudo protettivo e lo comprime”.

Questa “compressione” dello scudo magnetico può indurre correnti elettriche sia in atmosfera che sul terreno. Una scossa abbastanza grande puó viaggiare anche attraverso il cablaggio elettrico o anche lungo gli oleodotti.
“Le griglie di potenza che abbiamo negli Stati Uniti è in realtà interconessa con tutto il mondo ed é molto fragile”, ha detto Young. “Se la corrente é abbastanza grande, è possibile che colpiscano i grandi trasformatori mettendo fuori linea la rete elettrica in un intero paese, in un continente o addirittura in tutto il pianeta”.

Il Canada nella griglia Hydro-Quebec ha sperimentato proprio questa scossa nel 1989 dovuto ad una tempesta solare particolarmente potente. La griglia è rimasta out per più di nove ore, con conseguente perdite di reddito di centinaia di milioni di dollari. Nel 1859 un flare solare causato guasti al sistema telegraficoo in Europa e Nord America.
Come si può immaginare, i satelliti sono di fronte ad un rischio ancora maggiore di danni causati dalle tempeste solari, in quanto non hanno la protezione dell’atmosfera terrestre. Per gli astronauti, il pericolo è sempre più grande.

“Quando una CME viaggia attraverso lo spazio, spinge in realtà il materiale solare e lo fa accelerare come una sorta di effetto spazzaneve”, ha detto Young. “Queste particelle accelerate di radiazione viaggiano attraverso le cellule umane e possono causare alterazioni genetiche. Se sei nello spazio e non si è protetti dall`atmosfera e dal campo magnetico terrestre è possibile subire pericolose o addirittura dosi letali di queste radiazioni ionizzanti”.
Fortunatamente, gli scienziati sono sempre più in grado di prevedere le tempeste solari attraverso l’analisi delle macchie solari. Se sappiamo che si é manifestata una CME o un potente flare , siamo in grado di arrestare temporaneamente i vulnerabili satelliti e le reti elettriche nello stesso modo di una casa in cui possiamo staccare un televisore o il PC durante un forte temporale con forti scariche elettriche. Da parte loro, gli astronauti possono cercare riparo contro protoni accelerati CME all’interno dello spesso scafo della loro nave.

“Dobbiamo ancora migliorare”, ha detto Young, “nel campo della previsione meteorologica spaziale e solare in particolare siamo attualmento allo stesso livello in cui si trovava negli anni ´50 la meteorologia terrestre. Abbiamo ancora molta strada da fare. Abbiamo ancora un sacco di ricerca da fare per essere in grado di emettere una previsione a sette giorni. Non siamo ancora a quel punto”.

SAND-RIO

La favola della CO2 effetto serra non sta in piedi!

13 Maggio 2010 116 commenti

Ecco perché.
La composizione dell´atmosfera terrestre é la seguente:
* Azoto (N2): 78,08%
* Ossigeno (O2): 20,95%
* Argon (Ar): 0,93%
* Vapore acqueo (H2O): 0,33% in media (variabile da circa 0% a 5-6%)
* Biossido di carbonio (CO2): 0,032% (320 ppm)
* Neon (Ne): 0,00181% (18 ppm)
* Elio (He): 0,0005% (5 ppm)
* Metano (CH4): 0,0002% (2 ppm)
* Idrogeno (H2): 0,00005% (0,5 ppm)
* Kripton (Kr): 0,000011% (0,11 ppm)
* Xeno (Xe): 0,000008% (0,08 ppm)
* Ozono (O3): 0,000004% (0,04 ppm)

http://it.wikipedia.org/wiki/Atmosfera

Quindi, tanto per avere numeri rotondi diciamo che il 98% dell´atmosfera sia formato da Azoto e Ossigeno [perché il vapore acqueo é variabile], che tranne nuove fantasmagoriche scoperte di scienziati serristi, non danno nessun effetto serra. Del rimanente 2% quelli che secondo i fautori del mega riscaldamento potrebbero causare questo maledetto calore sono lo 0,5%!!!!
Di questo 0,5% il gas serra di gran lunga più importante è l’acqua, H2O, presente in forma di vapore e di nuvole in concentrazione media del 0,33%, circa 10 volte superiore della CO2 al 0,038%.
Inoltre le caratteristiche chimico fisiche dell’acqua le conferiscono una capacità serra superiore a quella della CO2. Un contributo non trascurabile viene anche dal metano, CH4 , presente al 0,0002%, malgrado la sua bassa concentrazione, in quanto la sua molecola presenta una elevata capacità serra.
Quindi se togliamo dall´atmosfera TUTTA l´anidride carbonica, cioé qul 0,038%, l´effetto serra resterebbe allo 0,462%.
In altre parole alla CO 2 va attribuito il 7% dei gas serra. Inoltre sappiamo che l´atmosfera terrestre é come un grande polmone che assorbe ed espelle anidride carbonica. Tutta la massa oceanica, le piante, il suolo, i vulcani iniettono nel polmone atmosferico la maggior parte della CO2 che TUTTI gli scienziati serristi e non, hanno calcolato che ammonta al 96,5%. Mentre l´attivitá produttiva umana, in tutti i sensi é responsabile per il rimanente 3,5% di cui solo per la deforestazione mondiale causata da incendi e taglio di alberi, incide per un 1%.
E quindi l’effetto dovuto all’uomo sarebbe solamente il 3,5% di questo 7% e cioè circa l’insignificante 0,245 %!!.
Ma i potenti del mondo guidati da quegli irresponsabili dell´IPCC, hanno scriteriatamente deciso di ridurre del 20% questo irrilevante 0.245% entro i 2020!
Risparmiandovi i calcoli (ma li potete fare da voi), l’Italia entro il 2020 dovrebbe essersi sbarazzata di tutte le automobili in circolazione. Oppure aver eliminato tutte le sue centrali elettriche. Sostituirle con centrali nucleari costerebbe 100 miliardi.
Non paghi della titanica sfida, non vogliamo reattori nucleari. Vorremmo turbine eoliche o pannelli fotovoltaici. Il che crea tre problemi. Uno economico, uno tecnico e uno ambientale. Per quello economico, basti sapere che impianti eolici e fotovoltaici equivalenti a quelli nucleari costerebbero, rispettivamente, 200 e 2.000 miliardi. Per quello tecnico basti sapere che la loro presenza non evita l’installazione di quelli nucleari, che devono funzionare quando il Paese richiede energia elettrica anche se il sole non brilla o il vento non soffia. Per quello ambientale basti notare che servirebbero almeno 200.000 turbine eoliche e che smaltire pannelli FV dismessi è più difficile che smaltire le scorie radioattive delle centrali nucleari.

Ma l’Europa sta abbondandemente finanziando gli impianti eolici e solari.
Ecco dove sta la pazzia che i governi d’Europa stanno commettendo a spese del contribuente.
Il nucleare é sicuro? Non lo so sinceramente e non tocca a noi dirlo. Ci sono problemi enormi per lo smaltimento delle scorie? Ci sono sicuramente!
Ma la semplicistica soluzione che questi geni hanno trovato sembra peggiore del male!
Questo 0,245% é peggio di migliaia di bombe nucleari lanciate sul pianeta, perché é in grado di distruggere in poco tempo , entro il 2100, tutta la storia umana.
Ma siamo sicuri che proprio questo 0,24% é la causa di tutti i mali unversale?
Non é che per caso il Sole c´entri un pochino con questo maledetto 0,24
%???

SAND-RIO

POSSIAMO FARE A MENO DEL METODO SCIENTIFICO? (Ecco spiegato perchè sinora l’AGW è solo una fede)

30 marzo 2010 33 commenti

La scienza, da Galileo in poi (e forse anche prima), applica due metodi per ottenere quello che comunemente chiamiamo progresso scientifico. Il primo è il cosiddetto metodo induttivo. Il seguente schema, tratto da wikipedia, credo sia abbastanza chiaro anche senza commenti:

Metodo induttivo

Russell obiettò che la scienza, molto spesso, lavora per generalizzazioni sempre più ampie. In pratica, quando si scopre un caso (problema) che non si adatta alla teoria fino ad allora sviluppata, allora la teoria stessa viene riformulata per includere anche la nuova casistica, e in qualche caso viene rivisitata completamente. Di seguito, lo schema, anch’esso tratto da wikipedia, del metodo deduttivo, secondo la definizione di Russel:

Metodo deduttivo

Il metodo deduttivo ci dice che possiamo anche raffinare la teoria se troviamo un caso che la mette in discussione, ma poi dobbiamo di nuovo affrontare la fase sperimentale. Nessuno può dire: “l’esperimento non è riuscito, ma ho capito perchè, quindi la teoria, così migliorata, è validata”. La comunità scientifica risponderebbe: ” se hai capito perchè, allora migliora la teoria e pensa ad un altro esperimento”. Naturale, no?

Come si può notare, in ambedue i casi, un passo importante è il controllo sperimentale di una previsione ottenuta utilizzando la teoria. Se la previsione non si avvera, allora la teoria non è validata. In ogni caso, ci deve essere qualcuno che si ingegna per inventarsi un esperimento o per definire una qualche osservazione specifica di fenomeni, spiegabili con la nuova teoria, da riscontrare in natura.

Lo so che sembra banale, ma ho l’impressione che, per quanto riguarda la teoria dell’effetto serra, sovente si confondano le osservazioni che producono le ipotesi della teoria (primo passo del metodo induttivo) con le prove sperimentali che dovrebbero validare tali ipotesi. In sostanza, se mi accorgo di un fenomeno, e poi dico “ecco, questo è dovuto all’effetto serra”, dovrebbe essere ovvio che non ho effettuato una previsione successivamente riscontrata, come impongono sia il metodo induttivo, sia quello deduttivo, ed in generale ogni metodo scientifico, per la validazione di una teoria. Carotaggi, dati paleo climatici in genere, ricerca di isotopi, sono utilissimi per costruire l’ipotesi, ma non servono per validarla, a meno che non si preveda in anticipo il risultato qualitativo, e soprattutto quantitativo, della ricerca.

Inoltre, sempre più spesso si legge: “le cose non sono andate come ci aspettavamo (es.: ghiacci antartici in aumento anzichè in diminuzione), ma ho capito perchè (colpa del buco dell’ozono), e quindi la teoria è confermata”. Come visto sopra, Russell ci insegna che non funziona così. Perciò, dire che i modelli hanno sovrastimato le previsioni delle temperatura globali perchè, all’epoca, hanno usato parametri troppo elevati per la sensibilità climatica, significa dover effettuare un ulteriore periodo di prova. Non basta affermare che adesso si conoscono i parametri giusti e che se si sarebbero usati all’epoca la previsione sarebbe stata corretta. 

Infine, frequentemente per l’effetto serra viene sottolineato il “peggio di quanto pensavamo” per affermare che la teoria è a maggior validata (ghiacci marini artici, livelo degli oceani). Invece dovrebbe essere chiaro che anche in questo caso la teoria non è validata, al contrario, è messa in discussione.

Quali sono le previsioni effettuate dalla teoria del Global Warming di origine antropica (AGW)?

Il senso della teoria AGW, allo stato dell’arte, è che la sensitività del clima rispetto alla CO2, cioè di quanto aumentano le temperature globali a fronte di un raddoppio di concentrazione è (molto probabilmente) inclusa nel range 2.5-4° C. Di conseguenza la continua immissione di CO2 e altri gas serra ai ritmi attuali produce un riscaldamento globale insostenibile.

Da laboratorio, cioè dall’esperimento di Tyndall, sappiamo che in realtà questo valore è di circa 1°C. Il resto è ipotizzato essere dovuto a meccanismi di feed-back (positivi o negativi) presenti in atmosfera, che considerati nella loro complessità gistificherebbero la differenza rispetto a quanto osservato in via sperimentale.

In particolare, l’effetto dei gas serra sarebbe quello di aver avvolto l’atmosfera terrestre con una sorta di coperta virtuale. Per adottare il metodo scientifico bisogna pensare ad esperimenti/effetti che comprovino l’esistenza di questa “coperta”, non al fatto che aumentino le temperature o si sciolgano i ghiacci. L’aumento della temperatura può avvenire per vari motivi, il senso della teoria AGW è che avviene per i gas serra presenti in atmosfera. L’attenzione va posta, quindi, su quanto succede nella troposfera e nella stratosfera. A tal proposito, riporto tre previsioni effettuate dalla teoria dell’AGW in base a modelli o altre considerazioni.

Previsione: esistenza ai tropici di hot-spot (zone calde) posizionati a circa 10km sopra la superficie terrestre.

Riscontrata? No, le radiosonde dell’Hadley Centre non hanno riscontrato hotspot nella zona suddetta. Più in generale, l’andamento termico della media troposfera è ciclico.

Previsione: Raffreddamento della bassa stratosfera.

Riscontrata: No, dal ’94 (fine dell’effetto eruzione Pinatubo) la temperatura in bassa stratosfera è stata sostanzialmente costante, cioè non mostra alcun trend a parte la naturale variabilità.

Previsione: diminuzione dei tempi media di vita di alcuni gas nella stratosfera.

Riscontrata? No, in un articolo di Science Daily viene messo in evidenza che tale diminuzione non esiste ( http://www.sciencedaily.com/releases/2008/12/081215111305.htm  e se ne parla su climate monitor http://www.climatemonitor.it/?p=1007)

 Anche altre previsione dei modelli o di teorie correlate all’AGW si sono rivelate errate, ma si tratta di effetti generici ipotizzati in base all’aumento di temperatura (es.: gli uragani non sono aumentati negli ultimi due anni, le temperature medie sono sostanzialmente stabili nell’ultimo decennio), e quindi, poiché non sono collegate ai gas serra (cioè non si riferiscono alla “coperta”), non le ho considerate nell’elenco.

Non essendo né un ricercatore, né tanto meno uno scienziato, ma un semplice appassionato, ho trovato naturale domandarmi se esistano altre previsioni di questo tipo che viceversa confermino la teoria AGW e che io non conosca. Ho provato a richiederle in blog sostenitori della teoria. Purtroppo, spesso le risposte confondono osservazioni e previsioni. A volta la risposta è che per l’AGW non è possibile pensare a degli esperimenti. In altri casi, ho ricevuto degli insulti più o meno velati. Alla fine, ho lasciato perdere.

Data, l’importanza della posta in gioco, non credo possiamo fare a meno del metodo scientifico. Quindi vi chiedo: conoscete previsioni successivamente riscontrate, nel senso illustrato sopra, della teoria AGW?

Agrimensore g.

L’anomalia antartica: due diagnosi a confronto

21 gennaio 2010 45 commenti

Gli articoli dei giorni scorsi su NIA hanno evidenziato una particolare dinamicità dell’estensione dei ghiacci marini artici. Per contro l’Antartide pare aver un po’ rallentato il suo trend di aumento dei ghiacci marini. Qualcuno nei post ha fatto notare che è come se l’Artico e l’Antartico si compensassero: secondo me non ha torto.

In sostanza, come sappiamo anche grazie agli aggiornamenti del NIA, l’estensione dei ghiacci in Antardide mostra un trend inleggero  aumento da diversi anni. Una nota anomalia, rispetto al Global Warming del pianeta.

PERCHE’?

Vorrei confrontare due motivazioni per tale fenomeno. Ambedue sono, in qualche modo,danesi ed ambedue partono dal presupposto che l’Antartide è un continente relativamente isolato in quanto i fortissimi venti circumpolari che spirano intorno ad esso tendono ad dividerlo climaticamente dal resto del pianeta.

La prima motivazione è danese perché fornita nel documento The Copanaghen diagnosis 2009 ( http://www.copenhagendiagnosis.org/read/default.html )

 Si trova a pagina 33 (o 35, a dar retta alla label che funziona da indice). In esso si dice che anche in Antardide c’è stato comunque un GW, anche se minore rispetto al pianeta, stimato in 0.5 gradi C. dal 1957 al 2006. A supporto di tali tesi si citano alcuni studi tra i quali quello di Stieg et al.

A tal proposito, ci sono un paio di articoli sul sito di Watts ove si evidenzia  che la ricostruzione di Stieg utilizzerebbe solo 42 stazioni metereologi che, mentre utilizzando i dati storici di tutte le 98 stazioni dell’Antartide, il riscaldamento non ci sarebbe o sarebbe statisticamente irrilevante ( http://wattsupwiththat.com/2009/05/29/steig-et-al-falsified/ ).In pratica, la zona che si riscalderebbe sarebbe al più la penisola Antartica, non la parte interna del continente. Tuttavia, non vorrei entrare in questa analisi statistica dei dati, e non sono certo io a poter discutere il lavoro di Stieg.

Ciò premesso, la diagnosi di Copenaghen spiega che a causa del buco dell’ozono i venti circumpolari si sarebbero intensificati  e quindi il calore proveniente dall’esterno dell’Antartide avrebbe avuto strada sempre più sbarrata, per cui almeno la parte Est, si è raffreddata, anzichè riscaldarsi. Inoltre, se ho ben capito (non è ironico, veramente non mi è chiaro), le correnti oceaniche che dovrebbero portare via il ghiaccio (suppongo gli iceberg) per poi farli sciogliere in acque più calde, sarebbero in qualche modo indebolite dagli stessi venti circumpolari rafforzati. Quindi, in buona sostanza, l’aumento dell’estensione dei ghiacci antartici è dovuto al buco dell’ozono.

Infine, una volta che il buco dell’ozono si richiuderà, l’Antartide comincerà a riscaldarsi e sciogliersi più velocemente.

In questa ricostruzione,  l’idea che i venti circumpolari si siano rafforzati a causa del buco dell’ozono viene riportata senza alcun riferimento, di nessun genere. In realtà, non viene fornito alcun riferimento neanche sul tema del rafforzamento dei venti circumpolari, indipendentemente dal buco dell’ozono. O per lo meno, io non l’ho trovata. Eppure, questo è il punto chiave di tutta la motivazione. Buttata lì così, a me sembra una di quelle teorie nate a posteriori tanto per non mettere in discussione l’AGW.  Oltre ciò, a me pare di ricordare che una volta ci spiegavano che la diminuzione dello strato di ozono avrebbe comportato un severo riscaldamento…

Veniamo alla seconda motivazione, quella descritta da  Svensmark ( lo scienziato danese autore della teoria sui raggi cosmici che causano l’aumento di nubi basse) e Calder nel  libro “The chilling stars” (libro che, a quanto mi risulta, purtroppo non è stato ancora tradotto).

Anche secondo Svensmark/Calder, l’Antartide è un continente climaticamente isolato a causa dei venti circumpolari,perciò il suo clima dipenderebbe quasi esclusivamente da dinamiche interne. In accordo con quanto descritto nella diagnosi di Copenaghen,in Antartide sarebbe limitato il riscaldamento dovuto agli oceani o terre circostanti, a differenza di quanto avviene nell’artico. Allora perché l’Antartide va in controtendenza? Semplice: l’albedo del ghiaccio antartico è persino maggiore di quello delle nuvole basse innescate dai raggi cosmici. Per cui mentre nelle altre parti del mondo l’aumento di nubi basse tenderebbe a raffreddare (la parte in più dell’energia solare che viene riflessa è molto maggiore della parte in più dell’energia in più che viene trattenuta), in Antartide tenderebbe a riscaldare, e viceversa nel caso di diminuzione di copertura delle nubi basse.

A me, questa seconda pare una motivazione molto più lineare e molto più convincente, e a voi?

Agrimensore

AL CERN SONO SOLITI SPRECARE TEMPO E DENARO

22 dicembre 2009 28 commenti

Naturalmente scherzo, al CERN lavorano persone serie e molto in gamba.

Però, se la scienza ufficiale è quella dell’IPCC, per cui la temperatura sul pianeta non è influenzata dai cicli/macchie/flusso solare, perché mette in piedi un progetto complesso, costoso e di lungo periodo come l’esperimento CLOUD?

L’esperimento CLOUD (Comics leaving outdoor droplets) tende a verificare l’ipotesi di Svensmark & Friis-Christensen sui GCR (Galactic cosmic rays). Il NIA ne ha già parlato dell’esperimento nel post del 21 ottobre (https://daltonsminima.wordpress.com/tag/raggi-cosmici/).

Riassumo in breve l’ipotesi di Svensmark: una diminuzione dell’attività solare implica una diminuzione del flusso solare che protegge la terra dai raggi cosmici. Meno flusso solare, più raggi cosmici colpiscono la terra. Fin qui, considerati anche gli ultimi dati sull’incremento dei raggi cosmici, credo ci siano pochi dubbi. La parte più controversa dell’ipotesi  riguarda la possibilità che i raggi cosmici possano contribuire alla formazione delle nuvole, per lo meno in certe condizioni. Secondo i calcoli di alcuni scienziati, studiando il periodo tra il 1984 e il 2004 la correlazione tra quantità nubi basse in determinate latitudini e livello di GCR risulterebbe superiore al 90% (Ukoskin et al, GRL 2006).

Insomma, se la teoria di Svensmark fosse confermata, il livello di GCR influirebbe sul clima se non altro perché aumenterebbe l’albedo dovuta alle nubi. In buona sostanza, il livello di attività solare influenzerebbe significativamente il clima terrestre.

Ora, per verificare quanto sopra, il CERN mette in piedi un esperimento che, secondo quanto esposto dal suo portavoce J.Kirby durante la presentazione del giugno scorso, prevede:

– la collaborazione di 19 università tra Europa (no, l’Italia non è presente, non chiedetelo nemmeno), Russia e USA

– il coinvolgimento di 14 istituti per lo studio dell’atmosfera

– una programmazione che parte dal 2009 per arrivare al 2013

– requisiti di progettazione estremamente complessi che riporto di seguito senza traduzione (mi sembra anche piuttosto difficile…), giusto per averne un’idea (preciso solo che “large chamber” è il cilindro di qualche metro di altezza  entro il quale viene effettuato l’esperimento):

Large chamber:

‣ Diffusion lifetime of aerosols/trace gases to walls ~L2

‣ Dilution lifetime of makeup gases ~L3

=> 3m chamber has typically 5-10 hr lifetimes

• Ultra-clean conditions:

‣ Condensable vapours, eg. [H2SO4] ~0.1 pptv

‣ Ultrapure air supply from cryogenic liquids

‣ UHV procedures for inner surfaces, no plastics

• Temperature stability and wide T range

‣ 0.1oC stability

‣ Fibre-optic UV system for photochemistry

‣ -90C → +100C range

• Field cage up to 30 kV/m:

‣ Zero residual field

• Particle beam

‣ Wide beam for ~uniform exposure

• Comprehensive analysers (measure “everything”, as for collider detectors…)

‣ Mass spectrometers for H2SO4, organics, aerosol composition

 Non oso immaginare il costo di un “comprehensive analysers” che misura “tutto”!!!

Ciò premesso, mi sembra che anche per un organismo importante come il CERN questo tipo di esperimento impegni ingenti risorse.

Ma, il 15 dicembre scorso, purtroppo, Svensmark viene colpito da infarto in diretta TV. Fortunatamente se la cava. In merito a questa notizia, esce un articolo sul Corriere della Sera a firma di E.Burchia:

www.corriere.it/cronache/09_dicembre_15/attacco-di-cuore-fisico-danese-elmar-burchia_0255eba0-e961-11de-ad79-00144f02aabc.shtml

L’articolo chiude spiegando che secondo Paul Crutzen, del Max Planck Institute in Germania, vincitore del premio Nobel per aver scoperto il ruolo del buco dell’ozono, gli studi danesi presentano una serie di problemi, ma «nonostante Laut li abbia evidenziati – afferma – la teoria continua a saltare fuori e la cosa è piuttosto irritante».

Ecco, io immagino che la maggior parte delle persone che abbiano letto l’articolo, senza sapere altro, abbia avuto l’impressione che la scienza si sia definitivamente espressa sul tema. C’è un gruppuscolo di ricercatori danesi, autori di una teoria risibile, o meglio, irritante, che sono stati bacchettati da scienziati ben più importanti, tra i quali un premio Nobel…

…eppure, io non credo che al CERN  siano soliti sprecare tempo e denaro.

 Agrimensore